COLLEZIONE POGGI: ATTO SECONDO
Buongiorno Buongiorno Amici!
Non ho scuse.
Mappa 8 come se non ci fosse un domani.
Continuo ad accumulare secondi di ritardi al giro.
Ed ora sono indietro di quasi tre post. Facciamo il punto della situazione.
E come nelle migliori tradizioni televisive..
NELLE PUNTATE PRECEDENTI..
Monologo.
Passione.
Ma da dove nasce?
Quando?
E soprattutto, perchè investire tempo e denaro, tutti se stessi nelle moto e non altrove?
Continuando a pormi questi interrogativi per quasi due settimane (non che non ci abbia dormito, ma grazie ad una persona che stimo particolarmente, il pensiero torna ad interrogarmi), ho avuto modo nel frattempo di partecipare ad alcuni eventi interessanti, togliermi alcune soddisfazioni (che scoprirete più avanti, poca cosa sia chiaro, am comunque quel tanto che basta a rendere buona una giornata) ed infine trovare il tempo per disegnare. E Vi dirò, ragazzi che gusto!
Memore ovviamente del motto Disneyano "If you can dream it, you can do it"!
Ed in un attimo ci si ritrova a..
Bologna.
Uscita.
Casello.
Caldo, finalmente.
Aprile (il mese, niente doppi sensi, per ora).
Primavera prepotente esige il suo tributo di occhiali da sole e sudore.
Quasi 130 km per incontrare un amico, Ciao Gigi!
E rivedere un tesoro.
Esatto.
Perchè è proprio di un tesoro quello di cui parleremo oggi.
Se il post precedente è servito da input propulsivo, devo tuttavia ammettere di esser stato un po' troppo frettoloso nell'aver trattato l'anno scorso di Poggi.
Questo legame che unisce la Casa di Iwata a Rino.
Un amore così profondo che definirlo platonico non è poi così errato.
Ma è anche Amore consumato, nelle due aree tematiche dedicate alla YAMAHA e alle TZ, la prima, e al resto del mondo la seconda.
E se ne sente ancora l'odore.
Non prendetevela a male, pur in terra Rossa come la Ducati..
Qui a farla da padrona, è la Casa dei Tre Diapason.
Ad attendermi all'ingresso c'è una ragazza, una volontaria, come tanti altri, che a poco a poco si sono innamorati di questa bellissima Storia.
Mi presento, e inizio a chiedere.
Un difetto, il mio, di porre tante troppe domande.
Alle quali trovo un secondo volontario pronto a rispondermi.
Non vertono però sulle moto, o meglio non ancora.
Ma sul Sig.Poggi.
Chi è?
E soprattutto perchè Yamaha.
Pierluigi Poggi. Classe di ferro.
Scosso dalle emozioni provate a bordo della sua Gilera prima, e fulminato da una Yamaha poi, ha deciso di raccontare, attraverso il moto immobile dei Suoi bolidi l'era del due tempi attraverso le moto da competizione Yamaha.
I sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.
Sogni che corrono più veloci di una YZR da 249,6cc. dell'86.
Le lotte con le Amministrazioni Comunali per organizzare rievocazioni sportive e storiche.
Sorde alle richieste e cieche dinnanzi alle folle attirate dagli acuti di questi motori.
Disposte a macinare kilometri per sentirli catare, oggi bollati come famigerati "Villains" ambientali.
Rei di bruciare olio per il puro piacere di farlo.
Per il gusto di regalare scariche di adrenalina ad ogni rotazione della manopola destra.
Pierluigi.
Rino.
Dopoguerra.
Anni di ripresa economica , come si suole ripetere.
Anni duri, di fatica e sacrifici.
Anni in cui a volte la propria inventiva e la forza di volontà sopperivano alla mancanza di tutto.
E così fu anche in questo caso.
Rino decise di decarsi anima e corpo in questa nuova avventura, in questo settore produttivo, industriale, nuovo.
E lo fece inserendosi a metà strada tra il dovere ed il piacere.
Iniziò a produrre Pulegge e trasmissioni, cinghie dentate pignoni e giunti.
Il passo per raggiungere quel sogno a due ruote è a sole poche curve da lì.
Le trasmissioni Poggi diverranno nel giro di pochi anni parte del primo equipaggiamento della quasi totalità delle due ruote motorizzate in Italia.
Dove ha inizio questa avventura?
"Rumi, credo sia stato un Rumi.
Poi ci fu un Gilera.
Un'aletta (Cagiva).
Ed infine Lei.
Quando il mio amico me la fece provare dopo averne tessuto le lodi come un disco rotto, ho chiesto di farmela provare, eh!"
Galeotta fu la moto e chi la produsse.
Da allora Rino non è più sceso da una Yamaha.
Di anni ne son passati, eppure le Sue creature sono tutte presenti, anzi ogni anno qualcuna si aggiunge alla "cricca".
Coccolate e accudite come dovessero disputare domani una gara.
La manutenzione è eseguita a regola d'arte.
E che sia chiaro: se devono cantare loro son pronte mica fanno bella mostra di sè tanto per fare..
Scusandomi di questo prambolo, inizio a spiegarVi alcune cose in merito all'esposizione permanente Poggi, perchè qui si sconfina nell'arte..
Torniamo allora agli albori di questa collezione. Torniamo per un attimo indietro nel tempo, prima ancora che Yamaha partecipasse ufficialmente ai Gran Prix.
(ancora preamboli?? Sì, silenzio, se me ne date il tempo in attimo è tutto finito).
1959.
La prima Yamaha da corsa che disputò un GP, beh, non era una Moto da corsa vera e proria.
Era infatti inizialmente un kit per la YDS1.
YDS1R: Distribuita solo in alcuni Paesi come l'Australia.
Delle 10 prodotte, "pare" che ad oggi ve ne siano solo 3 al mondo.
Ed una di quelle che gareggiò nella Roadrace Australiana è resident nella Collezione.
Da lì di strada ne è stata fatta.
(RAGAZZI QUESTA E' UNA FAKE NEWS, ONESTAMENTE NON MI SON PRESO LA BRIGA DI MOLTIPLICARE I KM DI OGNI SINGOLO CIRCUITO PER I GIRI EFFETTUATI TRA TEST E GARE SOMMARLI PER OGNI MOTO PRESENTE DA POGGI; TUTTAVIA PER DARVI UN'IDEA DELLA STRADA FATTA VI DIRO':)
Da lì di strada ne è stata fatta.
Quasi settanta volte sette chilometri.
(Via le calcolatrici, non fa 490, e fuori la Sacra Bibbia.).
Proseguendo il giro, estasiato alla vista di espansioni, cantilever, forcelloni che sembrano usciti dal Mo.Ma mi riprendo un attimo per carpire un altro paio di informazioni.
Innanzitutto all'appello, tra tutte le TZ presenti, mancano circa 4 modelli, che tuttavia differiscono solo per piccoli particolari da un anno all'altro.
Esse rappresentano la perfetta evoluzione dawiniana.
Ogni anni muta qualcosa. Cambia il forcellone, l'aerodinamica, il serbatoio. Migliorano i freni. Sintesi perfetta di una ricerca costante della perfezione, la velocità pura.
Ieri ce l'abbiamo quasi fatto, oggi eravamo lì ad un soffio, ma domani ci riusciremo di certo!
Esse rappresentano tutta l'attività sportiva non ufficiale Yamaha.
In che senso, mi e vi chiederete.
Nel senso che le moto qui esposte sono il frutto di intere stagioni di lavoro, di affinanamento di ogni singolo particolare portato avanti in modo autonomo.
Senza aiuti da parte della Casa Madre.
I famosi piloti privati! Esatto.
Quelli che potevano permettersi il lusso di "legnare" i piloti ufficiali fino a pochi anni fa.
Ecco. Ma tutto ciò cosa significa?
Significa possedere una mole di dati tecnici che nemmeno Yamaha, ad Iwata ha nei prorpi archivi.
Capite il lavoro svolto da Rino?
Qui il concetto di conservare la memoria è traslato in un Osanna nell'alto degli RPM per il modello TZ. Perdonate la blasfemia.
Per darvi un ulteriore esempio della meticolosità del lavoro portato avanti ora da Italia/Giappone, sappiate che ogni dal Sol Levante una delegazione di ingegneri e tecnici raggiunge Castenaso per un tranquillo week end di bullonatura.
Smontano e rimonatano, fotografano e riportano, salvano dati e li comparano con quelli in house.
E portano aventi anche la manutenzione di alcune belve che di dormire per non hanno voglia.
Come coronamento di questo sodalizio la Dirigenza nipponica ha dato infatti la possibilità di custodire ulteriori Gemme.
Il non plus ultra dell'eccellenza tecnologica applicata alle competizioni motociclistiche:
Le fantomatiche MotoGP declinate in Due e Quattro tempi.
Le Yamaha YZR M1, dagli esordi con carene Galuoises, a quella celebrativa del 50° Anniversario utilizzata da Valentino Rossi a chiusura del Campionato 2005 a Valencia ed infine la 500 livery utilizzata ad Assen 2007.
E per chi chiede di più.
Per gli irriducibili.
Per chi non si accontenta..
No. Niente ROWENTA.
Ma badilate di cattiveria ed arroganza sputacchiate da espansioni che definirle opere d'arte è quanto mai riduttivo.
Per gli amanti dell'olio sintetico al 100% bruciato con la benzina in sacrificio del Dio della Velocità, non mancano le YZR 500.
Il canto del cigno di icone indiscusse delle corse.
Se pensate di cavarvela con queste "poche" righe vi sbagliate di grosso.
Mancano ancora tre sale.
Mancano ancora tante moto.
Manca una collezione così in ogni città.
Ed un solo post non basta.
Avrò ottenuto le risposte che cercavo?
O come un bambino di Hamelin mi son lasciato trasportare dalle note del Pied Piper?
Vallo a sapere, ma di sicuro nelle altre sale c'è da rifarsi gli occhi!
FINE PRIMA PARTE