VOLTA LA PORTA: I BICILINDRICI PARALLELI DUCATI
Volta la Porta.
Che suona un po' come Volta la carta di Faber. Ma in maniera differente: una carta svela una figura, un Arcano, e qui ne abbiamo sei.
Ma una porta svela un mondo, ed un mondo racconta una miriade di storie.
Ecco la mia porta e Vi esorto a oltrepassarla con me. Da un parte un sentiero, che altri hanno fatto.
Dall'altra chissà!? Vi fidate? Andiamo?
Vi dico subito che incontrerete sei personaggi in codesta Storia:
Sei Arcani maggiori, sei figure chiave che giocano lungo un arco temporale di quasi 25 anni, fino ad interpretare nuovamente i medesimi ruoli, forse cambiati, certo un po' diversi, ma con la voglia ancora di cambiare, (grazie Antonello), come in un dejavù.
Non serve bagaglio a mano per questo giretto, chi lo porta si becca una multa: 10€ ogni kg in eccesso.
E allora volta la porta e siamo in Emilia nel 1954.
Un giovane Bagatto, un Mago, o per molti all'epoca semplicemente Fabio giunge in Ducati, con la promessa di un bel po' di carta bianca e niente stipendio.
Ing.Fabio Taglioni.
L'inizio.
Fabio, l'Ing.Taglioni o il Dott.T, comunque lo si voglia chiamare è un Mago.
Fabio arriva da Lugo, ha vissuto gli anni più duri non solo della Ducati, ma dell'Italia stessa.
Guerra, la Seconda, e tra alleati, amici-nemici, una bomba a mano e le notti di Pippo la vita va avanti.
Ed in mancanza di pace e benessere era necessario fare buon viso a cattivo gioco.
Il Nostro Dott.T si laurea proprio a cavallo della Seconda Guerra Mondiale a Bologna, presso la facoltà di Ingegneria Meccanica dell'UniBo, e durante quegli anni ha avuto la possibilità di metter mano ai mezzi a due ruote a disposizione dell'esercito italiano e degli alleati.
Un tiricinio direttamente sul campo.
Laurea.
Tesi? Un 250 V4 di 90° desmo con compressore.
Diobo.
Il Mago, mica a caso.
In Ducati ci arriva però dopo dopo.
Prima milita in Ceccato, e poi FB Mondial.
La stessa in cui s'incontreranno Tonti e Pattoni, ve mo'.
La dichiarazione.
Non fu proprio così la dichiarazione d'intenti tra l'allora Presidente DUCATI Dott.Giuseppe Montano, e il Mago di Lugo, ma siamo nel regno della mia fantasia e difficilmente potevano andare diversamente le cose.
"Niente compenso, solo un foglio bianco" sul quale dar vita ai motori futuristi.
E niente compenso per un giovane, oggi come allora, significava fare affidamento sulle proprie doti. Cavare una tarantola dal buco ed insegnarle a ballare la tarantella.
Creare un qualcosa di talmente importante da non poterne restare indifferenti.
Eh, dì, ve mò, uj l'ha fata! come diremmo qui in Romagna.
E nel 1954 arriva la Marianna.
Ed è con Lei, che Ducati inizia un'avventura lunga e costellata di successi, capace di arrivare fino ai giorni nostri.
Vince, tanto e ovunque.
Vince le gare di durata, quelle più impegnative per un motore, sottoposto a stress meccanico continuo e ripetuto: dal MotoGiro del 1955 ad una tripletta della Milano-Taranto del 1955, 1956 e 1957.
Motoleggera?
Valà valà:
100cc e 9cv con un peso contenuto a soli 80kg.
In lungo e in largo la Marianna fa stragi di cuori, assesta batoste e regala emozioni, tanto ai piloti che la portano per primi al traguardo, tanto ai dipendenti Ducati, mai così a rischio quanto in quegli anni duri.
Il trucco.
Ma gli anni passano, le altre case si evolvono, portano in campo motociclette sempre più raffinate e la Marianna, insieme alle sue varie declinazioni, invecchiano.
Proprio nel 1957 passano il testimone alla futura moto da corsa di Borgo Panigale: la 125GP Desmo.
Il trucco c'è, tutti lo conoscono, dai produttori di auto a quelli delle moto. Ma in pochi, se non nessuno ha mai avuto l'ardire di applicare la distribuzione desmodromica ad un motore motociclistico.
Ma al Mago Taglioni ciò non importa.
Troppo ingombranti i limiti dei motori con il richiamo delle valvole a molle.
L'asso nella manica?
Una nuova strada, richiamare le valvole mediante un particolare sistema di leveraggi denomiato Desmodromico. Un'apertura e chiusura comandata.
E dove gli altri motori nel cercare potenza ai più alti regimi diventavano inaffidabili e a rischio rottura, il sistema desmo era dannatamente preciso e garantiva una bella mandria di cavalli belli pronti a giocarsela lassù dove osano le aquile.
La 125 GP Desmo vede la luce nel 1956, accoppiando un albero di apertura valvole a due alberi di chiusura. Un triabero da corsa in grado di far volare la piccola Desmo sui vari circuiti Mondiali.
E diventerà il "Barcone" una volta raggiunto l'ultimo step evolutivo: nuovo cambio sei marce, la qual cosa implicò la progettazione e creazione di un nuovo carter, più largo nella zona inferiore.
"The Barge" era pronta per correre.
Ed è in quegli anni che apparirà il Cavallino Rampante sulle carene delle GP.
Simbolo di quell'eroe di Lugo, concittadino di Taglioni, nonchè commilitone del padre di Fabio.
Francesco Baracca, Asso dell'Aviazione Italiana, e morto in azione, grazie a Fabio continua a volare.
Volta la porta e siam già nel 1958.
Il Mago è pronto per consocere gli altri personaggi di questo racconto.
Il Gran Premio delle Nazioni del 1958 sancisce ufficialmente lo strapotere Ducati con la soluzione Desmo: l'estro del Mago porta uno squadrone composto da ben cinque 125GP a spartirsi i primi posti sulla pista di Monza, non solo surclassando la concorrenza ma lasciando solo le briciole.
Ecco però, un po' paraculo lo sono, devo ammetterlo.
Le altre case italiane infatti si erano di fatto ritirate a fine del 1957 di fatto sancendo il cd patto di astensione. In parole povere, hanno chiuso i rispettivi reparti corse.
Tornando a Monza tra i piloti Ducati sarà però Villa ad avere una chicca sotto il sedere.
E' infatti lui quello che ha svezzato prima e battezzato poi la prima 125 Desmo Twin in un Gran Premio iridato.
Con una potenza che variava dai 20cv attestati a Monza fino a raggiungere la soglia dei 22.5cv a 14000rpm era di fatto il 125 più potente di quegli anni.
L'incontro
Se il Mago, primo Arcano Maggiore, colui il quale è in grado di piegare i 4 elementi alla sua volontà, s'incontra col Matto, Arcano senza numero, eterno girovago, in perenne bilico tra follia e razionalità, innocente e sregolato, le scintille sono assicurate.
I due s'incontrano grazie alla figura chiave dell'Imperatore, Stan Hailwood, uomo di potere, nonchè concessionario Ducati oltremanica.
Nonchè padre di Mike "TheBike" Hailwood.
Estremamente benestante e particolamente persuasivo riesce nell'intento di arrivare al Mago con un foglio bianco ed una valigia.
Il 1959 coincide con il ritiro da parte di Ducati dall'attività agonistica a causa di una importante e grave crisi finanziaria. La nuova proprietà statale, cieca di fronte alle possibilità che le compotenzioni possono offrire, decide di evitare gli investimenti nel reparto corse.
Stan arriva a Borgo Panigale con Mike ed il Premio Mellano in tasca vinto a Silverstone, tante altre coppe in bacheca ed una gran fame di corse e vittorie. Il Mellano è un premio abbastanza particolare: premia il pilota più veloce col maggior margine di tempo sul secondo (1953-1972).
La gestione statale EFIM alla vista della valigia ricolma di buoni propo$iti cede in tentazione e lascia che Taglioni compia la magia.
Ma perchè proprio Ducati e perchè bicilindrica?
Mike the Bike, Mike Mellano, o il Matto, incontra la Ducati per la prima volta nel 1958 partecipando all'Ultralight TT con la 125 GP.
Sempre quell'anno ad Assen arriverà decimo e a Castelecombe nello stesso weekend fa poker di vittorie, non iridate, ma comunque 4 vittorie.
Se Mike era in grado di vincere con una monocilindrica, cosa sarebbe stato in grado di portare a casa con qualcosa di più potente? Si chiedevano un po' tutti.
Il terreno era ormai pronto per la semina.
Nel 1959 arriva la prima Vittoria in un GP iridao, l'UlsterGP, concludendo una stagione in crescendo, ottenedo ben 57 vittorie complessive.
Mike vince e convince.
Convince la folla che lo acclama.
Convince il padre che lo ingaggia.
Convince anche Taglioni.
Insomma convicne tutti.
L'Imperatore Stan, ben consapevole del motto: Win Sunday, Sell Monday, intravedeva la possibilità non solo di consacrare il figlio come campione indiscusso, ma di farlo con le moto che lui stesso importava direttamente da Borgo.
Business is business.
La 250 Desmo Parallel Twin.
L'inverno del 1959 fu frenetico oltre ogni modo per Taglioni, ma con l'arrivo di Marzo del 1960, il nuovissimo bicilindrico 250 Desmo parallelo, fresco come un venitcello di primavera, era pronto.
La leggenda narra, e trova in Walker il suo aedo, che dalla stirpe dei bicilindrici paralleli desmo Taglioni avrebbe poi voluto dar vita ad una genìa di motori da corsa oggi definiti spuri, i bicilindrici con richiamo valvole tradizionale per piloti privati.
Ciò avvenne sì con la serie dei bicilindrici dela serie GTV, ma procurarono solo gran grattacapi all'azienda, in un altro periodo non propriamente felice per Ducati: 75/85.
La nuova 250 Desmo Twin era semplicemente una bomba ad orologeria: con 43cv all'albero e 37 alla ruota a 11600rpm e picco di coppia massima attestata a 11200 giri era semplicemente una vera Ducati da corsa.
Ma se il motore era semplicemente favoloso, non si poteva dire la stessa cosa della ciclistica.
Il telaio a doppia culla e la forcella Manx non permettevano al Desmo di esprimersi al suo meglio.
Tre inconvenienti minarono la competitività delle nuove bicilindriche parallele:
La prematurità del progetto in primis, causata dalla mancanza di tempo e denaro per svilupparla appieno, studiandone ogni aspetto.
Un peso in eccesso di quasi 20kg rispetto alla concorrenza che porta inevitabilmente al terzo difetto, la mancanza di handling.
Ma senza tempo e denaro per lo sviluppo il risultato ottenuto da Taglioni fu un qualcosa di stupefacente: creare dal nulla non solo un motore ma una moto intera nell'arco di pochi mesi, metterla in pista e permettere ad un Matto come Hailwood di vincerci un Mellano.
Ulteriori voci di corridoio, mai smentite nè confermate ufficialmente, bisbigliavano che le specifiche telaio le avesse date niente meno che "l'Imperatore" Hailwood.
E non suona poi nemmeno tanto strano che il nostro Fool, Mike arrivò a definire la nuova e fiammante 250 come "il cancello più veloce del Mondo".
D'altronde l'unico che poteva canzonare il regnante era proprio il Matto.
Ma il cancello più veloce del Mondo, veloce lo era per davvero.
Infatti Mike in sella 250 Twin ci vincerà il suo secondo Mellano nel 1960.
La 350 Desmo Twin.
La storia della 350 segue fedelmente le orme della quarto di litro.
Con la differenza che la 350 fu destinata inizialmente per il pilota australiano Ken Kavanagh.
L'intento di Ken era di usare la nuova 350 desmo al Junior TT del 1960.
Ma quando Stan venne a sapere della nuova moto riuscì a convincere il Mago a farsene costruire una per il figlio.
Se la 250 Desmo Twin era dotata di una potenza spiazzante, la 350 era addirittura imbarazzante: 54cv all'albero e 48cv alla ruota a 11000 giri.
Con il solito problema genetico che affliggeva la ciclistica.
Mike difatti preferì gareggiare nella classe 350 con la sua amta AJS 7R a Silverstone, dopo la vittoria del Mellano con la 250 nel 1960.
Gira la ruota.
Perchè a provare a cambiar le sorti delle sfortunate Desmo parallele ci pensò pochi anni dopo un certo Surtees.
John Surtees - JSD
Un pilota che legò indissolubilmente il suo nome ad MV Agusta andando a vincere 7 titoli mondiali con la Varesina.
Tuttavia il fato è strano e in fase di passaggio dalle 2 alle 4 ruote a tempo pieno, approdando in F1, si era messo in testa di risollevare le Desmo Twin.
Surtees era profondamente convinto di poter sanare i problemi genetici dei bicilindrici Desmo con pochi e mirati interventi.
Il motore era semplicemente perfetto.
Era quel telaio doppia culla a creare i problemi.
La collocazione della coppa dell'olio sotto il carter motore, secondo un'attenta analisi del futuro campione del Mondo di F1, alzava in modo esagerato il baricentro della moto. E la forcella Manx non aiutava minimanete ad entrare in sintonia col mezzo.
La ruota della fortuna gira e Surtees contatta Ken Sprayton, una sorta di fabbro degli Dei, in forze alla Reynolds Telai.
L'idea di Surtees era di creare un telaio sulla falsariga di quelli usati ai suoi tempi sulla MV, un telaio con struttura inferiore amovibile.
Sprayton ascoltò, ma rispose "Grazie, ma no grazie".
Le idee alla Reynolds ce le avevano ben chiare: Ken andò a reiprendere le linee del telaio da corsa per eccellenza, il Featherbed Manx, amputandolo però della parte inferiore destra ed imbullonando i tubi del telaio al motore direttamente.
Avanguardia per l'epoca.
All'avantreno la forcella Manx viene sostituita con il particolare progetto già visto sulle Norton private e vittoriose di Geoff Duke negli anni 50.
Mediante questi stratagemmi la moto viene abbassata di oltre 100mm e per quanto riguarda il peso.. Beh, è meglio non chiedere, come l'età... Date retta a me, adesso ha un figurino invidiabile.
Tuttavia John non riuscì mai a far correre le sue 4 moto, due 250 e due 350.
Nè nel 1962 con Phil Read alla guida della 350 al Junior TT. E mentre la JSD 350 era destinata al falliemento, il Matto, eterno girovago, con la MV va ad aggiudicarsi la gara del Mountain.
Nè nel 1963, dove il pilota John Hartle diserta la gara all'ultimo minuto per gareggiare in sella alla Gilera Factory della Scuderia Duke.
E nel 1964 il Nostro John, dedicandosi anima e corpo ottiene la vittoria del Mondiale di F1 con la Ferrari.
Finisce così la Storia da corsa di questi Purosangue.
Venduti, persi, ricomprati, arrivati a Noi in uno stato di forma semplicemente perfetto.
E' ora di tornare a casa ora.
Magari non vi ho detto tutto.
Magari ho detto troppo.
Probabilmente ad un occhio attento non scapperanno i miei errori. Chiedo venia.
Ma non voglio rubarVi altro tempo. Questi giri nel tempo un po' mi stordiscono e, pensandoci bene, mi sembra poi di aver già visto dei bicilicindrici paralleli, in un periodo più recente degli anni 50'.
Che forse mi stia sbagliando, o è semplicemente una storia parallela, di bicilindrici paralleli?
Ed Hailwood, il nostro Matto, non ha consacrato definitivamente il suo nome proprio su Ducati ma nel 1978? Al TT.
Dopo quasi 10 anni di assenza dalle corse in Moto!?
Un'altra Storia parallela?
E la longa manus del Dott.T, il Mago?
Sempre presente.
Che sia necessaria un'altra digressione temporale?
Grande Giove Ragazzacci, non credo e non oggi però!
La Mostra.
Io adesso Vi lascio nel MUSEO DUCATI con l'Alto Ierofante.
Detentore dell'alta cultura di Ducati, è prima di tutto segreto amante della Storia.
Nonchè curatore del Museo Ducati, ma ancor prima di tutto e tutti un mio carissimo amico, Livio.
Non fatemelo incazzare: domande pertinenti e sensate.
O anche se state zitti in ascolto va ben li stess.
Poche cascate e niente musica trap.
Questa è stata la prima Mostra temporanea che il Museo ha ospitato nel 2018.
E loro, le moto che avete avuto modo di scoprire in queste poche righe, sono il quinto Arcano.
Il Carro.
E' stata una mostra ricca di spunti: ha permesso a soggetti GNORANTI come me di riscoprire il genio del Mago Taglioni, che sì ha legato il suo nome ai più recenti Bicilindrici a V, ma l'ha fatto sperimentando e creando senza sosta, partendo da una semplicemente da un foglio e una matita.
E' stata una mostra particolare. Vederle isolate dalle altre. la luce bianca che le avvolge.
Così lontane, distanti da noi.
Così poco vittoriose rispetto alle altre colleghe del Museo, ma non per questo meno importanti.
Rappresentano il testamento rombante di un formidabile genio.
Che in cambio di un foglio bianco regalava emozioni, fatte di battiti e pulsazioni, giri al minuto, scoppi in rilascio e grandi sorrisi.
Fatte di uomini, di vetroresina, acciaio e alluminio.
Di poche lire, qualche coniglio e un asso nella manica.
Un certo Stefano Lavori, alcuni anni fa sentenziò:
Non smettete mai di essere affamati, non smettete mai di essere folli.
Si aguzza l'ingegno.
Alla più brutta se proprio siete così affamati Da Vito in via Musolesi 9 una tagliatella ve la fa.
Dimenticavo, poi ci sono io, l'Appeso.
Un misero paroliere che parla e straparla.
O meglio racconta.
Non che qualcuno mi ci abbia messo a testa in giù.
Ma mi ci son messo io. Un po' per cambiare il mio punto di vista sulle cose.
Un po' per capire cosa dove quando e perchè andare.
Sto vivendo una vita bellissima, piena di emozioni intense, tante belle, tante brutte.
Sospinto più volte in direzioni diverse, ma era dove volevo realmente andare?
Ora ho una stella, Violante.
Non vedo il traguardo o l'arrivo.
Ma intravedo un percorso.
Ed è semplicemente favoloso.
Luca
Che suona un po' come Volta la carta di Faber. Ma in maniera differente: una carta svela una figura, un Arcano, e qui ne abbiamo sei.
Ma una porta svela un mondo, ed un mondo racconta una miriade di storie.
Ecco la mia porta e Vi esorto a oltrepassarla con me. Da un parte un sentiero, che altri hanno fatto.
Dall'altra chissà!? Vi fidate? Andiamo?
Vi dico subito che incontrerete sei personaggi in codesta Storia:
Sei Arcani maggiori, sei figure chiave che giocano lungo un arco temporale di quasi 25 anni, fino ad interpretare nuovamente i medesimi ruoli, forse cambiati, certo un po' diversi, ma con la voglia ancora di cambiare, (grazie Antonello), come in un dejavù.
Non serve bagaglio a mano per questo giretto, chi lo porta si becca una multa: 10€ ogni kg in eccesso.
E allora volta la porta e siamo in Emilia nel 1954.
Un giovane Bagatto, un Mago, o per molti all'epoca semplicemente Fabio giunge in Ducati, con la promessa di un bel po' di carta bianca e niente stipendio.
Ing.Fabio Taglioni.
L'inizio.
"C'è una donna che semina il grano
Volta la carta si vede il villano
Il villano che zappa la terra
Volta la carta viene la guerra
Per la guerra non c'è più soldati
A piedi scalzi son tutti scappati"
Fabio arriva da Lugo, ha vissuto gli anni più duri non solo della Ducati, ma dell'Italia stessa.
Guerra, la Seconda, e tra alleati, amici-nemici, una bomba a mano e le notti di Pippo la vita va avanti.
Ed in mancanza di pace e benessere era necessario fare buon viso a cattivo gioco.
Il Nostro Dott.T si laurea proprio a cavallo della Seconda Guerra Mondiale a Bologna, presso la facoltà di Ingegneria Meccanica dell'UniBo, e durante quegli anni ha avuto la possibilità di metter mano ai mezzi a due ruote a disposizione dell'esercito italiano e degli alleati.
Un tiricinio direttamente sul campo.
Laurea.
Tesi? Un 250 V4 di 90° desmo con compressore.
Diobo.
Il Mago, mica a caso.
In Ducati ci arriva però dopo dopo.
Prima milita in Ceccato, e poi FB Mondial.
La stessa in cui s'incontreranno Tonti e Pattoni, ve mo'.
La dichiarazione.
"Quassù con Montano tra meccanici ed eroi,
C'è sempre bisogno di geni come Voi".
Non fu proprio così la dichiarazione d'intenti tra l'allora Presidente DUCATI Dott.Giuseppe Montano, e il Mago di Lugo, ma siamo nel regno della mia fantasia e difficilmente potevano andare diversamente le cose.
"Niente compenso, solo un foglio bianco" sul quale dar vita ai motori futuristi.
E niente compenso per un giovane, oggi come allora, significava fare affidamento sulle proprie doti. Cavare una tarantola dal buco ed insegnarle a ballare la tarantella.
Creare un qualcosa di talmente importante da non poterne restare indifferenti.
Eh, dì, ve mò, uj l'ha fata! come diremmo qui in Romagna.
E nel 1954 arriva la Marianna.
Ed è con Lei, che Ducati inizia un'avventura lunga e costellata di successi, capace di arrivare fino ai giorni nostri.
Vince, tanto e ovunque.
Vince le gare di durata, quelle più impegnative per un motore, sottoposto a stress meccanico continuo e ripetuto: dal MotoGiro del 1955 ad una tripletta della Milano-Taranto del 1955, 1956 e 1957.
Motoleggera?
Valà valà:
100cc e 9cv con un peso contenuto a soli 80kg.
In lungo e in largo la Marianna fa stragi di cuori, assesta batoste e regala emozioni, tanto ai piloti che la portano per primi al traguardo, tanto ai dipendenti Ducati, mai così a rischio quanto in quegli anni duri.
Il trucco.
Ma gli anni passano, le altre case si evolvono, portano in campo motociclette sempre più raffinate e la Marianna, insieme alle sue varie declinazioni, invecchiano.
Proprio nel 1957 passano il testimone alla futura moto da corsa di Borgo Panigale: la 125GP Desmo.
Il trucco c'è, tutti lo conoscono, dai produttori di auto a quelli delle moto. Ma in pochi, se non nessuno ha mai avuto l'ardire di applicare la distribuzione desmodromica ad un motore motociclistico.
Ma al Mago Taglioni ciò non importa.
Troppo ingombranti i limiti dei motori con il richiamo delle valvole a molle.
L'asso nella manica?
Una nuova strada, richiamare le valvole mediante un particolare sistema di leveraggi denomiato Desmodromico. Un'apertura e chiusura comandata.
E dove gli altri motori nel cercare potenza ai più alti regimi diventavano inaffidabili e a rischio rottura, il sistema desmo era dannatamente preciso e garantiva una bella mandria di cavalli belli pronti a giocarsela lassù dove osano le aquile.
La 125 GP Desmo vede la luce nel 1956, accoppiando un albero di apertura valvole a due alberi di chiusura. Un triabero da corsa in grado di far volare la piccola Desmo sui vari circuiti Mondiali.
Con circa 18cv ad un impressionate regime di rotazione, 13500rpm ed un limitatore posto a 15000rpm risultava essere semplicemente una brutta gatta da pelare per chiunque.
E diventerà il "Barcone" una volta raggiunto l'ultimo step evolutivo: nuovo cambio sei marce, la qual cosa implicò la progettazione e creazione di un nuovo carter, più largo nella zona inferiore.
"The Barge" era pronta per correre.
Ed è in quegli anni che apparirà il Cavallino Rampante sulle carene delle GP.
Simbolo di quell'eroe di Lugo, concittadino di Taglioni, nonchè commilitone del padre di Fabio.
Francesco Baracca, Asso dell'Aviazione Italiana, e morto in azione, grazie a Fabio continua a volare.
Volta la porta e siam già nel 1958.
Il Mago è pronto per consocere gli altri personaggi di questo racconto.
Il Gran Premio delle Nazioni del 1958 sancisce ufficialmente lo strapotere Ducati con la soluzione Desmo: l'estro del Mago porta uno squadrone composto da ben cinque 125GP a spartirsi i primi posti sulla pista di Monza, non solo surclassando la concorrenza ma lasciando solo le briciole.
Ecco però, un po' paraculo lo sono, devo ammetterlo.
Le altre case italiane infatti si erano di fatto ritirate a fine del 1957 di fatto sancendo il cd patto di astensione. In parole povere, hanno chiuso i rispettivi reparti corse.
Tornando a Monza tra i piloti Ducati sarà però Villa ad avere una chicca sotto il sedere.
E' infatti lui quello che ha svezzato prima e battezzato poi la prima 125 Desmo Twin in un Gran Premio iridato.
Con una potenza che variava dai 20cv attestati a Monza fino a raggiungere la soglia dei 22.5cv a 14000rpm era di fatto il 125 più potente di quegli anni.
L'incontro
"Mia madre e il mulino son nati ridendo
Volta la carta c'è un pilota biondo
Pilota biondo camicie di seta
Cappello di volpe sorriso da atleta"
Se il Mago, primo Arcano Maggiore, colui il quale è in grado di piegare i 4 elementi alla sua volontà, s'incontra col Matto, Arcano senza numero, eterno girovago, in perenne bilico tra follia e razionalità, innocente e sregolato, le scintille sono assicurate.
I due s'incontrano grazie alla figura chiave dell'Imperatore, Stan Hailwood, uomo di potere, nonchè concessionario Ducati oltremanica.
Nonchè padre di Mike "TheBike" Hailwood.
Estremamente benestante e particolamente persuasivo riesce nell'intento di arrivare al Mago con un foglio bianco ed una valigia.
Il 1959 coincide con il ritiro da parte di Ducati dall'attività agonistica a causa di una importante e grave crisi finanziaria. La nuova proprietà statale, cieca di fronte alle possibilità che le compotenzioni possono offrire, decide di evitare gli investimenti nel reparto corse.
Stan arriva a Borgo Panigale con Mike ed il Premio Mellano in tasca vinto a Silverstone, tante altre coppe in bacheca ed una gran fame di corse e vittorie. Il Mellano è un premio abbastanza particolare: premia il pilota più veloce col maggior margine di tempo sul secondo (1953-1972).
La gestione statale EFIM alla vista della valigia ricolma di buoni propo$iti cede in tentazione e lascia che Taglioni compia la magia.
Ma perchè proprio Ducati e perchè bicilindrica?
Mike the Bike, Mike Mellano, o il Matto, incontra la Ducati per la prima volta nel 1958 partecipando all'Ultralight TT con la 125 GP.
Sempre quell'anno ad Assen arriverà decimo e a Castelecombe nello stesso weekend fa poker di vittorie, non iridate, ma comunque 4 vittorie.
Se Mike era in grado di vincere con una monocilindrica, cosa sarebbe stato in grado di portare a casa con qualcosa di più potente? Si chiedevano un po' tutti.
Il terreno era ormai pronto per la semina.
Nel 1959 arriva la prima Vittoria in un GP iridao, l'UlsterGP, concludendo una stagione in crescendo, ottenedo ben 57 vittorie complessive.
Mike vince e convince.
Convince la folla che lo acclama.
Convince il padre che lo ingaggia.
Convince anche Taglioni.
Insomma convicne tutti.
L'Imperatore Stan, ben consapevole del motto: Win Sunday, Sell Monday, intravedeva la possibilità non solo di consacrare il figlio come campione indiscusso, ma di farlo con le moto che lui stesso importava direttamente da Borgo.
Business is business.
La 250 Desmo Parallel Twin.
L'inverno del 1959 fu frenetico oltre ogni modo per Taglioni, ma con l'arrivo di Marzo del 1960, il nuovissimo bicilindrico 250 Desmo parallelo, fresco come un venitcello di primavera, era pronto.
La leggenda narra, e trova in Walker il suo aedo, che dalla stirpe dei bicilindrici paralleli desmo Taglioni avrebbe poi voluto dar vita ad una genìa di motori da corsa oggi definiti spuri, i bicilindrici con richiamo valvole tradizionale per piloti privati.
Ciò avvenne sì con la serie dei bicilindrici dela serie GTV, ma procurarono solo gran grattacapi all'azienda, in un altro periodo non propriamente felice per Ducati: 75/85.
La nuova 250 Desmo Twin era semplicemente una bomba ad orologeria: con 43cv all'albero e 37 alla ruota a 11600rpm e picco di coppia massima attestata a 11200 giri era semplicemente una vera Ducati da corsa.
Ma se il motore era semplicemente favoloso, non si poteva dire la stessa cosa della ciclistica.
Il telaio a doppia culla e la forcella Manx non permettevano al Desmo di esprimersi al suo meglio.
Tre inconvenienti minarono la competitività delle nuove bicilindriche parallele:
La prematurità del progetto in primis, causata dalla mancanza di tempo e denaro per svilupparla appieno, studiandone ogni aspetto.
Un peso in eccesso di quasi 20kg rispetto alla concorrenza che porta inevitabilmente al terzo difetto, la mancanza di handling.
Ma senza tempo e denaro per lo sviluppo il risultato ottenuto da Taglioni fu un qualcosa di stupefacente: creare dal nulla non solo un motore ma una moto intera nell'arco di pochi mesi, metterla in pista e permettere ad un Matto come Hailwood di vincerci un Mellano.
Ulteriori voci di corridoio, mai smentite nè confermate ufficialmente, bisbigliavano che le specifiche telaio le avesse date niente meno che "l'Imperatore" Hailwood.
E non suona poi nemmeno tanto strano che il nostro Fool, Mike arrivò a definire la nuova e fiammante 250 come "il cancello più veloce del Mondo".
D'altronde l'unico che poteva canzonare il regnante era proprio il Matto.
Ma il cancello più veloce del Mondo, veloce lo era per davvero.
Infatti Mike in sella 250 Twin ci vincerà il suo secondo Mellano nel 1960.
La 350 Desmo Twin.
La storia della 350 segue fedelmente le orme della quarto di litro.
Con la differenza che la 350 fu destinata inizialmente per il pilota australiano Ken Kavanagh.
L'intento di Ken era di usare la nuova 350 desmo al Junior TT del 1960.
Ma quando Stan venne a sapere della nuova moto riuscì a convincere il Mago a farsene costruire una per il figlio.
Se la 250 Desmo Twin era dotata di una potenza spiazzante, la 350 era addirittura imbarazzante: 54cv all'albero e 48cv alla ruota a 11000 giri.
Con il solito problema genetico che affliggeva la ciclistica.
Mike difatti preferì gareggiare nella classe 350 con la sua amta AJS 7R a Silverstone, dopo la vittoria del Mellano con la 250 nel 1960.
Gira la ruota.
Perchè a provare a cambiar le sorti delle sfortunate Desmo parallele ci pensò pochi anni dopo un certo Surtees.
John Surtees - JSD
Un pilota che legò indissolubilmente il suo nome ad MV Agusta andando a vincere 7 titoli mondiali con la Varesina.
Tuttavia il fato è strano e in fase di passaggio dalle 2 alle 4 ruote a tempo pieno, approdando in F1, si era messo in testa di risollevare le Desmo Twin.
Surtees era profondamente convinto di poter sanare i problemi genetici dei bicilindrici Desmo con pochi e mirati interventi.
Il motore era semplicemente perfetto.
Era quel telaio doppia culla a creare i problemi.
La collocazione della coppa dell'olio sotto il carter motore, secondo un'attenta analisi del futuro campione del Mondo di F1, alzava in modo esagerato il baricentro della moto. E la forcella Manx non aiutava minimanete ad entrare in sintonia col mezzo.
La ruota della fortuna gira e Surtees contatta Ken Sprayton, una sorta di fabbro degli Dei, in forze alla Reynolds Telai.
L'idea di Surtees era di creare un telaio sulla falsariga di quelli usati ai suoi tempi sulla MV, un telaio con struttura inferiore amovibile.
Sprayton ascoltò, ma rispose "Grazie, ma no grazie".
Le idee alla Reynolds ce le avevano ben chiare: Ken andò a reiprendere le linee del telaio da corsa per eccellenza, il Featherbed Manx, amputandolo però della parte inferiore destra ed imbullonando i tubi del telaio al motore direttamente.
All'avantreno la forcella Manx viene sostituita con il particolare progetto già visto sulle Norton private e vittoriose di Geoff Duke negli anni 50.
Mediante questi stratagemmi la moto viene abbassata di oltre 100mm e per quanto riguarda il peso.. Beh, è meglio non chiedere, come l'età... Date retta a me, adesso ha un figurino invidiabile.
Tuttavia John non riuscì mai a far correre le sue 4 moto, due 250 e due 350.
Nè nel 1962 con Phil Read alla guida della 350 al Junior TT. E mentre la JSD 350 era destinata al falliemento, il Matto, eterno girovago, con la MV va ad aggiudicarsi la gara del Mountain.
Nè nel 1963, dove il pilota John Hartle diserta la gara all'ultimo minuto per gareggiare in sella alla Gilera Factory della Scuderia Duke.
E nel 1964 il Nostro John, dedicandosi anima e corpo ottiene la vittoria del Mondiale di F1 con la Ferrari.
Finisce così la Storia da corsa di questi Purosangue.
Venduti, persi, ricomprati, arrivati a Noi in uno stato di forma semplicemente perfetto.
E' ora di tornare a casa ora.
Magari non vi ho detto tutto.
Magari ho detto troppo.
Probabilmente ad un occhio attento non scapperanno i miei errori. Chiedo venia.
Ma non voglio rubarVi altro tempo. Questi giri nel tempo un po' mi stordiscono e, pensandoci bene, mi sembra poi di aver già visto dei bicilicindrici paralleli, in un periodo più recente degli anni 50'.
Che forse mi stia sbagliando, o è semplicemente una storia parallela, di bicilindrici paralleli?
Ed Hailwood, il nostro Matto, non ha consacrato definitivamente il suo nome proprio su Ducati ma nel 1978? Al TT.
Dopo quasi 10 anni di assenza dalle corse in Moto!?
Un'altra Storia parallela?
E la longa manus del Dott.T, il Mago?
Sempre presente.
Che sia necessaria un'altra digressione temporale?
Grande Giove Ragazzacci, non credo e non oggi però!
La Mostra.
Io adesso Vi lascio nel MUSEO DUCATI con l'Alto Ierofante.
Detentore dell'alta cultura di Ducati, è prima di tutto segreto amante della Storia.
Nonchè curatore del Museo Ducati, ma ancor prima di tutto e tutti un mio carissimo amico, Livio.
Non fatemelo incazzare: domande pertinenti e sensate.
O anche se state zitti in ascolto va ben li stess.
Poche cascate e niente musica trap.
Questa è stata la prima Mostra temporanea che il Museo ha ospitato nel 2018.
E loro, le moto che avete avuto modo di scoprire in queste poche righe, sono il quinto Arcano.
Il Carro.
E' stata una mostra ricca di spunti: ha permesso a soggetti GNORANTI come me di riscoprire il genio del Mago Taglioni, che sì ha legato il suo nome ai più recenti Bicilindrici a V, ma l'ha fatto sperimentando e creando senza sosta, partendo da una semplicemente da un foglio e una matita.
E' stata una mostra particolare. Vederle isolate dalle altre. la luce bianca che le avvolge.
Così lontane, distanti da noi.
Così poco vittoriose rispetto alle altre colleghe del Museo, ma non per questo meno importanti.
Rappresentano il testamento rombante di un formidabile genio.
Che in cambio di un foglio bianco regalava emozioni, fatte di battiti e pulsazioni, giri al minuto, scoppi in rilascio e grandi sorrisi.
Fatte di uomini, di vetroresina, acciaio e alluminio.
Di poche lire, qualche coniglio e un asso nella manica.
Un certo Stefano Lavori, alcuni anni fa sentenziò:
Non smettete mai di essere affamati, non smettete mai di essere folli.
Si aguzza l'ingegno.
Alla più brutta se proprio siete così affamati Da Vito in via Musolesi 9 una tagliatella ve la fa.
Dimenticavo, poi ci sono io, l'Appeso.
Un misero paroliere che parla e straparla.
O meglio racconta.
Non che qualcuno mi ci abbia messo a testa in giù.
Ma mi ci son messo io. Un po' per cambiare il mio punto di vista sulle cose.
Un po' per capire cosa dove quando e perchè andare.
Sto vivendo una vita bellissima, piena di emozioni intense, tante belle, tante brutte.
Sospinto più volte in direzioni diverse, ma era dove volevo realmente andare?
Ora ho una stella, Violante.
Non vedo il traguardo o l'arrivo.
Ma intravedo un percorso.
Ed è semplicemente favoloso.
Luca