MOSTRASCAMBIO RIMINI 2019: La prima volta non si scorda mai

Com'è possibile?
La prima domanda che mi passa per la testa.
Com'è possibile aver perso anche i precedenti appuntamenti?

La seconda, invece, suonava più o meno così:
Parcheggio gratis???
Pochi i posti rimasti.



Il preambolo della MostraScambio Rimini 2019, organizzata dai Ragazzi del Museo Nazionale del Motociclo, è in raltà un incipit veloce. 
Fatto di fretta come la preparazione del materiale da portare in Fiera.
-Una penna, poi dimenticata in auto.
-La macchina fotografica, carica a metà.
-Il mio cellulare con batteria in zona rossa.
E una scatola vuota, ovviamente immaginaria, nel mio palazzo della memoria, da riempire con i pezzi più pregiati.
Le famose primizie del Marchese Del Grillo.


10€.
Biglietto ed entro.
E pensare che sarei dovuto restare a casa a finire l'articolo su un Demon desmodromico, che vedrà la luce a breve.
La delegazione da corsa romagnola ha risposto unita alla domanda "Qual è il Vostro mestiere?"


In realtà il reggimento romagnolo è una parte del tutto, perchè al richiamo hanno ceduto in tanti da mezza Italia.
E tra Giapponesi da corsa, Tetesche da guerra ed Italiane solerti il mio viaggio ha inizio.





Un padiglione fieristico dedicato completamente a mezzi "obsoleti".
Non in senso spregiativo, considerando che uno dei più importanti Team che si adopera nelle Classic Race porta con orgoglio questo nome.
E' una mostra scambio di oggetti vecchi per auto e moto vecchie.
Quelle che non vengono più prodotte da anni.
E si trova tutto.
O non si trova niente.
Dipende dallo spirito con cui si entra.
La formula è la medesima che si può trovare alle varie Imola, Novegro e Varano.


Ma, come in queste ultime, lo scambio non è più tra oggetto ed oggetto, sulla base del baratto, bensì tra oggetto e denaro.
Si perde un po' di magia, ma con un carburatore doppio corpo faccio fatica a pagarci la tagliata al macellaio.



Un saluto al coppie coniche, capo chino. E salutate Nello, Andrea e BiancaMaria, che il Classic non è mica lontano!


Ed è così che mentre girovago armato di fotocamera, ed almeno sei domande da sparare a bruciapelo al primo malcapitato espositore, incontro Lei.

Ducati RT450


Gialla, con bordature nere. Un bel desmo da 450cc incastonato in mezzo al telaio.
Una ruota da 21" e un fascino inarrivabile per qualunque altra moto.
E' un attimo: E' davvero lei?
I documenti li ha?
Conservata? Restaurata?
E' in vendita?
E quella fatale: perchè Remo la vuole vendere?


Il tempo che passa? Forse.
I troppi ricordi? Probabilmente.
Ma così è la memoria che se ne va. E dobbiamo sperare che possa trovare terreno fertile in qualche altro appassionato.
Ad oggi le tradizioni vengono barattate per qualche lucina al led ed un paio di prese usb.
Un senso di nostalgia per tempi mai vissuti mi prende per una manciata secondi.


Voluta per aggredire il mercato offroad americano, visto quanto fatto con La Scrambler, o Lo Scrambler, citando De Prato, con lo slogan Ducati Power, da Borgo Panigale decisero di produrre un qualcosa di più specialistico rispetto all'ottimo prodotto da on-off road come lo Scrambler.
Il nome RT è l'acronimo per Road and Track, strada e sentiero.
Ma la polvere dell'off l'apprezza di più.
36 cv facili. Fatta con cura.
Fatta per essere strapazzata.


Desmo, come il suo babbo Fabio decise, la RT resta oggi un esempio del fermento creativo che Taglioni era in grado di espimere.
One scheme fits all.
E pensare che a quei mono, modificando tagliando forgiando assemblando e poi testando scartando e vincendo, è riuscito a dare le forme più disparate.
Dai Mark, da corsa o da strada, agli Scrambler per le fughe in camporella, passando poi per il fuoristrada più impegnativo.



Basta Remo, che sennò mi mandi quello stand senza passare dal via.


Vi lascio il suo numero qualora siate intenzionati a volerVi portare a casa un mattone della storia Ducati. Ce ne sono poche oramai in giro.
+393384883587

Poco distante una Laverda rimira i passanti, tra il fare noncurante di chi ha visto tanto ed ha già dato tutto e l'annoiato.



Auto? Tante, quasi a farla da padrona. Bolidi dei tempi che furono, paiono oggi Dinosauri, grossi e ingombranti. Impacciati predatori che a vederli, comunque, ti metton quasi paura.



Ma a Jurassic Park preferisco "I Fidanzati della Morte".
E allora roseguo nelle mie peregrinazioni.
Pochi passi e m'imbatto quasi senza accorgemene nel più pericoloso dei predatori a due ruote degli anni 70.


Soprannominata Widow Maker dai più, o la bara con le ruote, per la sua innata propensione a far assaggiare l'asfalto agli sventurati che provavano a giocarci un po' troppo; la Kawaski 500 Mack III se ne stava lì immobile, lucida e lustra in disparte, nel tentativo di trovare un nuovo amante con cui dirtirsi pericolosamente per strada.
60Cv a 8000 giri/min.
56Nm a 7000 giri/min.
Oltre 190 Km/h per le strade di tutti i giorni.
Negli anni 70. Era praticamente una pistola carica con un grilletto particolarmente sensibile.



Rifatta ad hoc da Giulio, che dopo una bella parentesi d'ardore, ha deciso di scaricarla per cercare la sorella maggiore.
E dilettarsi con la furia omicida da 750cc due tempi tre cilindri della H2.
Capace di impennarsi fregandosene della fisica, di Newton, della gravità e dei grippaggi del cilindro centrale.
Problemi tuoi Giulio, sembra sorridere la 500.
Problemi miei bellezza, con un ghigno risponde.

Il Museo Nazionale del Motociclo ha non uno stand ma uno spiazzo.


Mi avvicino quasi a domandare qualcosa ma una diatriba generazionale ruba la scena alle moto lì esposte..
Non volendo andare a dar fastidio gratuitamente mi limito ad ammirare le Guzzi esposte, in parata come al preludio di una gara.


L'odore di olio, copertoni secchi ed umidità misto muffa..






Lasciano il posto d'un tratto al moderno, ma poi mica tanto, stand del Motoclub Misano Adriatico.


E qui la fermata è d'obbligo, vuoi per andare a dar fastidio al Presidente, vuoi per raccattare quante più informazioni possibili.
Ma la verità è perchè loro avevano lo Spritz e il Prosecco fresco.
Ed era DANNATAMENTE FRESCO.


Tra Ninja non classificate per limiti d'età (dai Tommaso che quest'anno ti riprendi quanto ti spettava nel 2018!), e Panigale da Bestia vestita pilotata con perizia da Duilio (Damiani) è un attimo
alzare lo sguardo e trovare loro..
Li avevo lasciati al WDW del 2018 (ricordate?) con il restauro della Ducati 98T, ed ecco che l'Istituto Leon Battista Alberti si ripresenta agguerrito, col loro stand che campeggia proprio di fronte al Moto Club Misano Adriatico.
Ma non sono però andate così le cose. Anzi......


Ero un attimo intontito dal vino bianco frizzante e fresco, quando incrocio di fronte alla Ninja il Prof forse più veloce d'Italia, Paolo Massari.
Un Prof di quelli fini, come il collega Rossi, a casa convalescente.
Un Prof che si è permesso il lusso nel 2011 di portarsi a casa una Dakar (classe Marathon) con una Rieju da lui preparata per il Factory Team Spagnolo.
E nel week end presente per presentare i corsi di studio per i futuri studenti e gli indirizzi universitari per i diplomandi..
O forse a cercare uno scarico nuovo e la strumentazione per la Morini?
Che tra l'altro è stata restaurata come compito in classe.



Poi torna Gianca, il Presidente del Motoclub, che mi dice: "Te adess mi segui e sta zett!"
Giriamo l'angolo e sbam.. M'imabtto in due meraviglie, anzi quattro, anzi nove.
Partiamo con ordine: le prime due hanno segnato la Storia della Motocicletta: la Benelli 250 quattrocilindri e la Ducati Desmosedici.


Due modelli che hanno rivestito un vero e proprio ruolo di evoluzione e rinascita per le rispettive Case Costruttrici. Poche parole perchè già spese per descriverle in altri articoli. Basti sapere che queste le hanno portate a spasso due di quelli buoni.

La Romagna ama le Rosse, sarà per il loro fascino, sarà per tradizione di questa terra, narrata da Guareschi nei suoi racconti, ma noi senza Ducati facciamo proprio fatica a starci.
Il sentimentalismo è un atteggiamento borghese indegno dello spirito proletario, una voce tuona in lontananza.

E allora eccovi le altre due Bestie da soma.
Lì pronte a farsi fotografare:
una Panigale R e la sua controparte da guerra RS.


Se la R è una versione estremizzata del prodotto già estremamente performante standard, beh, la RS è praticamente un prototipo concepito, nato e svezzato per essere un terribile in pista.
Con la R probabilmente condivide solo la lettera e poco altro.
Senza scendere nei dettagli dell'elettronica, basta buttare un occhio al piedino della forcella per capire cos'ho di fronte.


Un capolavoro della meccanica asservito alla volontà del pilota.


Un bicilindrico di razza in via di estinzione.

Siamo a quota quattro meraviglie. Ne mancano cinque all'appello.
In questo caso sono 5 e dico Cinque Allori Mondiali.
Sto parlando di un certo Francesco Cecchini.
5 Volte sul gradino più alto del Mondo con la sua fida Zaeta.


Io Francesco ho avuto modo di consocerlo.
E soprattutto non è assolutamente quel tipo di pilota che "sì ho vinto 5 mondiali e quindi".
No, anzi si è messo a parlare come se nulla fosse.
E' umile e coi piedi ben piantati per terra.
Poi quando mi viene detto dei titoli..
Figura di sterco quasi immediata. Perchè ad onor del vero non sapevo mica quanto avesse vinto in effetti.
Non si è scomposto molto sia chiaro, anzi ci siam messi a parlare di Zaeta, di Flat, di freno anteriore fantasma, e poi..
E poi mi è venuta un'idea.

Provare ad intervistarlo.
A chiedergli alcune cose, e da oltre oceano porgli alcune domande da parte di Mike Lawless, giornalista AMA PRO FLAT TRACK.

Poi Chiara mi ha chiamato.
Violante piange.
Ciao Francesco, Paolo, Gianca, Remo e Giulio.
Mi tocca scappare.
E andè pien voialtri. Che là fora ujè genta brotta.
Next Stop CecchiniGarage.
Soon the translation Fellas.





































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